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venerdì 19 luglio 2013

QUACQUARAQUA’ mostra di luigi de giovanni

QUACQUARAQUA’

Luigi De Giovanni
Quacquaraquà
Artista: Luigi De Giovanni
Titolo della mostra:  Quacquaraquà
Spazio espositivo: Sutta Le Capanne du Ripa – Specchia (LE)
Inaugurazione: Sabato 13 luglio 2013 ore 20.00
Date: Dal 13 luglio al 13 agosto 2013
Orario: dalle 10.30 alle 13,00 - dalle 18.00 alle 24
Ingresso libero
Presentazione: Antonietta Fulvio
Allestimento: Arch. Stefania Branca
Coordinamento: Il Raggio Verde
Contatti: Cell. 329 2370646
Website: degiovanniluigi.com
ilraggioverdesrl.it - ufficiostampa@ilraggioverdesrl.it
Quacquaraquà
Certi della loro erudizione, i saputi, sputano le loro verità con fare sicuro affermandone oggi una sempre diversa o arricchita rispetto a quella sostenuta ieri. Hanno leggiucchiato, senza troppa attenzione per i contenuti, o sentito sprazzi di notizie, anche pruriginose, che spacciano per oggettive e giuste. Si pavoneggiano, aggiungendo di volta in volta nuovi particolari, perché hanno sentito o percepito dei frammenti di voci qua e là. Frequentemente carpiscono idee, che poi spacciano come proprie, il più delle volte appiccicate, mancando lo spirito creativo e l’ideazione che dà anima ai pensieri e alle cose. Le idee, di cui si appropriano i quacquaraquà, sono monche e riescono a sorprendere il pubblico solo per poco, in quanto, non hanno un successivo sviluppo e coerente continuità. Qualche volta riescono ad avere il seguito di persone che, anche in buona fede, prestano attenzione, e per questo vanno col petto in fuori e hanno l’aria d’essere molto importanti.
I quacquaraquà parlano sul nulla convinti di essere scaltri ma, ad ascoltarli, si capisce subito che rappresentano solo la vuotezza mentale e che possono discorrere solo di pettegolezzi, di sentito dire, di cose mai approfondite. Frasi fatte, respirate e rinforzate nei gruppi chiusi, danno il senso della loro cultura e della mancanza di ricerca dell’ideativo, del giusto e del bello.
S’infastidiscono quando qualcuno osa confutare l’inconsistenza contenutistica delle cose di cui parlano e continuano a pavoneggiarsi con giri di parole che giustificano solo l’ignoranza: la mancanza di sostanza interiore che possa sostenerli al di fuori delle nozioni che danno loro certezze. Questi sono i quacquaraquà che mi lasciano tutte le volte con un dubbio “ci sono o ci fanno?”
Luigi De Giovanni in otto opere ha voluto raccontare il vuoto chiacchiericcio e fare un omaggio a Leonardo Sciascia che, nel libro “Il giorno della civetta”, divise gli uomini in categorie, sistemando nell’ultima proprio i quacquaraquà, persone che, secondo l’autore, <>. L’artista ha colto lo spunto e usando gli strumenti della pittura, ha trovato idee e sensazioni materializzando le angosce e le ferite che causa il pantano dei pettegolezzi sino a renderlo concreto nel colore che tinge in monocromo una tela di denuncia, diventata metafora del fango sputato inutilmente. Gocciolamenti, spruzzi, macchie essenziali, nelle opere in mostra, realizzate di getto, esprimono la rabbia istintiva del gesto pittorico che si manifesta, anche, mettendo in primo piano la parola, linea guida, “quacquaraquà”.
Nell’opera “malinconia in bianco su sfondo rosa” gocciolamenti di calce, tracce di tinteggiatura di pareti d’abitazione, si rapprendono in una grande e densa macchia screpolata come se si fossero manifestati i segni del disfacimento degli ideali e dei sogni colpiti dagli schizzi melmosi. Uno sfondo rosato, traccia di speranza, contrasta con i sicuri segni bruni che esaltano il significato della cupa malinconia dell’opera che riporta ai piccoli paesi, humus che fermenta il genio ispirato, che fa avvertire sensazioni di disagio, di mancata accettazione dell’uomo per quello che è e non per quello che dovrebbe essere secondo i quacquaraquà benpensanti.
Trama del racconto pittorico è la tristezza dell’animo, colpito dalle maldicenze, che si palesa nei dipinti denunciando la superficialità dei quacquaraquà che trasformano in schizzi di fango appiccicoso, che viene scagliato addosso alle persone per annullarle per allontanarle dal loro posto, anche sociale. Le gestuali macchie esprimono la cattiveria diventata tormento, mentre ripetere sulle tele la scritta “quacquaraquà” è una catarsi liberatoria che denuncia l’immobilità mentale di chi non sa rendersi conto del significato delle ferite che infligge. Una tela gialla, che si anima di allegra vitalità e della gioia di ricominciare nel bianco in esplosione, diventa la speranza che si afferma nell’opera dove da uno sfondo bruno di tela grezza, in cui si addensano macchie spesse di colore bianco, c’è la memoria delle persone che riescono a sfuggire al chiacchiericcio: al limo che le aveva circondate e ferite.
Nelle opere in mostra si percepiscono le sensazioni di animi offesi e la stoltezza dei quacquaraquà: che potranno continuare con il loro impegno sparlando ed enunciando sproloqui su persone, cose o argomenti.
I quacquaraquà sono rappresentati, con sagace ironia, in un omaggio a Leonardo Sciascia che con poche parole riusciva a donarci il clima di un paese dove anche le pareti delle case mormorano.
L’artista con una metafora dà spunto ai loro futuri discorsi….  
                                                                                      Federica Murgia


Luigi De Giovanni
Quacquaraquà
Artist: Luigi De Giovanni
Title of the exhibition: Quacquaraquà
Exhibition space: Sutta The huts du Ripa - Mirror (LE)
Opening: Saturday, July 13, 2013 20:00
Date: From July 13 to August 13, 2013
Time: from 10.30 to 13.00 - from 18.00 to 24
Free admission
Presentation: Antoinette Fulvio
Equipment: Arch Stefania Branch
Coordination: The Green Ray
Contact: Cell 329 2370646
Website: degiovanniluigi.com
ilraggioverdesrl.it - ​​ufficiostampa@ilraggioverdesrl.it
Quacquaraquà
Some of their erudition, the saputi, they spit their truth with making sure today affirming an ever changing or enriched compared to that sustained yesterday. They leggiucchiato, without much attention to content, or heard bursts of news, even itchy, which pretend to be objective and fair. Prance, adding new details from time to time, because they have heard or perceived fragments of voices here and there. Frequently carpiscono ideas, which then pass off as their own, most of the time stuck, lacking the creative spirit and the design that gives soul to the thoughts and things. The ideas, which are siphoning off the quacquaraquà, are maimed and manage to surprise the audience only briefly, since they do not have a consistent further development and continuity. Sometimes I manage to have the following of people who, even in good faith, paying attention, and for this to be with his chest out and have the air of being very important.
The quacquaraquà speak on nothing but believe to be clever, to listen to them, it soon becomes clear that they represent only the emptiness of mind and can only talk of gossip, hearsay, things never investigated. Phrases, breathe and reinforced in closed groups, give a sense of their culture and the lack of research dell'ideativo, the just and the beautiful.
S'infastidiscono when someone dares to refute the inconsistency of content of the things they are talking about and continue to strut with turns of phrase that justify only the ignorance, the lack of inner substance that can support them outside of the notions that give them certainty. These are the quacquaraquà that leave me all the time with out a doubt "there are or are they doing?"
Luigi De Giovanni in eight works he wanted to tell the empty chatter and make a tribute to Leonardo Sciascia that, in the book "The Day of the Owl", divided human beings into categories, placing the last quacquaraquà own, people who, according to the ' author, << should live like ducks in the puddles >>. The artist took the cue and using the tools of painting, he found ideas and feelings materializing anxieties and wounds that cause the slew of rumors until it becomes concrete in the color tinged in monochrome canvas of a complaint, became a metaphor for the mud spat unnecessarily. Drips, splashes, stains essential, in the works on display, made of cast express the instinctive anger of the pictorial gesture that occurs, too, by highlighting the word, guideline, "quacquaraquà."
In the work "melancholy in white on a pink background" dripping of lime, traces of painting the walls of Settlement, coagulate into a large and dense scrub cracked as if they had manifested signs of the collapse of the ideals and dreams affected by sketches muddy. A background pink, trace of hope, contrasts with the brown signs sure that enhance the meaning of the black melancholy of the work that brings to small countries, humus Brewing inspired genius, which makes feel discomfort, lack of acceptance of human for what it is and not for what it should be according to the quacquaraquà conformists.
Plot of the pictorial story is the sadness of the soul, affected by the slander, which manifests itself in the paintings exposing the superficiality of quacquaraquà that transform into splashes of sticky mud, which is thrown on people to discard to remove them from their posts, including social. The gestural marks express malice become torment, while on the canvas repeat the word "quacquaraquà" is a cathartic release denouncing the stillness of mind of those who can not realize the significance of the wounds it inflicts. A yellow canvas, which is alive with cheerful vitality and joy to start exploding in white, becomes the hope that the work where it is stated from a background of brown raw canvas, in which thicken thick patches of white, c ' is the memory of people who manage to escape the chatter: the silt that had surrounded and wounds.
In the works on display are perceived feelings of hurt minds, and folly of quacquaraquà: they can continue with their commitment and gossip stating rants about people, things or topics.
The quacquaraquà are represented, with shrewd irony, in a tribute to Leonardo Sciascia with a few words that could give us the climate of a country where even the walls of the houses murmur.
Artist with a metaphor gives inspiration to their future speeches ....
                                                                                      Federica Murgia































































































sabato 29 giugno 2013

mostra di luigi de giovanni QUACQUARAQUA’

QUACQUARAQUA’

studio sutta le capanne du ripa specchia lecce


Luigi De Giovanni
Quacquaraquà
Artista: Luigi De Giovanni
Titolo della mostra:  Quacquaraquà
Spazio espositivo: Sutta Le Capanne du Ripa – Specchia (LE)
Inaugurazione: Sabato 13 luglio 2013 ore 20.00
Date: Dal 13 luglio al 13 agosto 2013
Orario: dalle 10.30 alle 13,00 - dalle 18.00 alle 24
Ingresso libero
Presentazione: Antonietta Fulvio
Allestimento: Arch. Stefania Branca
Coordinamento: Il Raggio Verde
Contatti: Cell. 329 2370646
Website: degiovanniluigi.com
ilraggioverdesrl.it - ufficiostampa@ilraggioverdesrl.it
Quacquaraquà
Certi della loro erudizione, i saputi, sputano le loro verità con fare sicuro affermandone oggi una sempre diversa o arricchita rispetto a quella sostenuta ieri. Hanno leggiucchiato, senza troppa attenzione per i contenuti, o sentito sprazzi di notizie, anche pruriginose, che spacciano per oggettive e giuste. Si pavoneggiano, aggiungendo di volta in volta nuovi particolari, perché hanno sentito o percepito dei frammenti di voci qua e là. Frequentemente carpiscono idee, che poi spacciano come proprie, il più delle volte appiccicate, mancando lo spirito creativo e l’ideazione che dà anima ai pensieri e alle cose. Le idee, di cui si appropriano i quacquaraquà, sono monche e riescono a sorprendere il pubblico solo per poco, in quanto, non hanno un successivo sviluppo e coerente continuità. Qualche volta riescono ad avere il seguito di persone che, anche in buona fede, prestano attenzione, e per questo vanno col petto in fuori e hanno l’aria d’essere molto importanti.
I quacquaraquà parlano sul nulla convinti di essere scaltri ma, ad ascoltarli, si capisce subito che rappresentano solo la vuotezza mentale e che possono discorrere solo di pettegolezzi, di sentito dire, di cose mai approfondite. Frasi fatte, respirate e rinforzate nei gruppi chiusi, danno il senso della loro cultura e della mancanza di ricerca dell’ideativo, del giusto e del bello.
S’infastidiscono quando qualcuno osa confutare l’inconsistenza contenutistica delle cose di cui parlano e continuano a pavoneggiarsi con giri di parole che giustificano solo l’ignoranza: la mancanza di sostanza interiore che possa sostenerli al di fuori delle nozioni che danno loro certezze. Questi sono i quacquaraquà che mi lasciano tutte le volte con un dubbio “ci sono o ci fanno?”
Luigi De Giovanni in otto opere ha voluto raccontare il vuoto chiacchiericcio e fare un omaggio a Leonardo Sciascia che, nel libro “Il giorno della civetta”, divise gli uomini in categorie, sistemando nell’ultima proprio i quacquaraquà, persone che, secondo l’autore, <<dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere>>. L’artista ha colto lo spunto e usando gli strumenti della pittura, ha trovato idee e sensazioni materializzando le angosce e le ferite che causa il pantano dei pettegolezzi sino a renderlo concreto nel colore che tinge in monocromo una tela di denuncia, diventata metafora del fango sputato inutilmente. Gocciolamenti, spruzzi, macchie essenziali, nelle opere in mostra, realizzate di getto, esprimono la rabbia istintiva del gesto pittorico che si manifesta, anche, mettendo in primo piano la parola, linea guida, “quacquaraquà”.
Nell’opera “malinconia in bianco su sfondo rosa” gocciolamenti di calce, tracce di tinteggiatura di pareti d’abitazione, si rapprendono in una grande e densa macchia screpolata come se si fossero manifestati i segni del disfacimento degli ideali e dei sogni colpiti dagli schizzi melmosi. Uno sfondo rosato, traccia di speranza, contrasta con i sicuri segni bruni che esaltano il significato della cupa malinconia dell’opera che riporta ai piccoli paesi, humus che fermenta il genio ispirato, che fa avvertire sensazioni di disagio, di mancata accettazione dell’uomo per quello che è e non per quello che dovrebbe essere secondo i quacquaraquà benpensanti.
Trama del racconto pittorico è la tristezza dell’animo, colpito dalle maldicenze, che si palesa nei dipinti denunciando la superficialità dei quacquaraquà che trasformano in schizzi di fango appiccicoso, che viene scagliato addosso alle persone per annullarle per allontanarle dal loro posto, anche sociale. Le gestuali macchie esprimono la cattiveria diventata tormento, mentre ripetere sulle tele la scritta “quacquaraquà” è una catarsi liberatoria che denuncia l’immobilità mentale di chi non sa rendersi conto del significato delle ferite che infligge. Una tela gialla, che si anima di allegra vitalità e della gioia di ricominciare nel bianco in esplosione, diventa la speranza che si afferma nell’opera dove da uno sfondo bruno di tela grezza, in cui si addensano macchie spesse di colore bianco, c’è la memoria delle persone che riescono a sfuggire al chiacchiericcio: al limo che le aveva circondate e ferite.
Nelle opere in mostra si percepiscono le sensazioni di animi offesi e la stoltezza dei quacquaraquà: che potranno continuare con il loro impegno sparlando ed enunciando sproloqui su persone, cose o argomenti.
I quacquaraquà sono rappresentati, con sagace ironia, in un omaggio a Leonardo Sciascia che con poche parole riusciva a donarci il clima di un paese dove anche le pareti delle case mormorano.
L’artista con una metafora dà spunto ai loro futuri discorsi….  
                                                                                      Federica Murgia











lunedì 27 maggio 2013

LE VIE DELL'ARTE


Le vie dell’arte
Rassegna d’arte internazionale


galleriamentana@galleriamentana.it

Vernissage: Sabato 1 giugno 2013 ore 18.00
Dal 1 al 24 giugno 2013
A cura di: Art Director Giovanna Laura Adreani

Artisti:

Shinichi Wakasa
 “Hitsujito,” (Yusuke Amamoto)
Kaori Nishimura
Jun Matasuyama
Setsuko Ohkita
Onoike Sousuke
Taki Tamada

Marina Agarici-Bals

Bianca Vivarelli (Saletta Mentana) personale

Le vie dell’arte
Sette artisti giapponesi espressione dell’attuale ricerca artistica nel loro paese, un’artista americana che realizza sculture raku rendendo omaggio un’antichissima tradizione del paese del Sol Levante e un'italiana che descrive l’animo della toscana, percorrono le vie dell’arte a Firenze: alla galleria Mentana.
Le vie dell’arte che conducono a una scoperta di mondi materiali e interiori in percorsi che, muovendo dall’Io di ciascun artista, diventano quelli dei segni, dei colori e delle forme: quelli della storia dell’uomo e dei suoi luoghi.
E’ così che questa volta nel cuore di Firenze, alla galleria Mentana, si odono echi di Giappone: di un mondo dove la spiritualità e il tempo si manifestano in ritualità che si trasformano in forme e cromie dove grazia e significati si fondono nell’armonia dell’arte.
                                                 Giovanna Laura Adreani
Orari della galleria: 11:00/13:00 - 16:30/19:30
Domenica e lunedì mattina chiuso



domenica 3 marzo 2013

INVITO AL COLLEZIONISMO


Galleria d'Arte Mentana
P.zza Mentana 2/3 r-50122 (FI)

INVITO AL COLLEZIONISMO
“Prestigiosa Mostra Collettiva dedicata alle Arti Visive Contemporanee”
da  Sabato 9 a Giovedì  21 Marzo 2013
ore 18.00


Mauro Cozzi
Giampaolo Talani
Meloniski
Salvatore Magazzini
Bianca Vivarelli
Emilio Facchini
Luigi De Giovanni
Annie Gheri
Partizia Voltolini
Francesca Coli
Clara Polvani
Angelica Borali
Vittorio Tessaro
Ugo Di  Pasquantonio
Rosario Bellante
Franco Lastraioli
Salvatore Fiume

Dal 2014 l'attività della Galleria d’Arte Mentana di Firenze sarà prevalentemente indirizzata alla presentazione di mostre antologiche, personali, collettive di artisti di diverse culture, provenienti da tutto il mondo. 
Per usufruire di maggiore spazio per la nuova attività, si inaugurerà il 9 marzo p.v. una mostra/vendita promozionale relativa a gran parte delle opere in nostro possesso: saranno presenti opere di artisti in promozione ed opere di artisti di chiara fama, pittura, grafica, scultura, ceramica, fotografia ecc.
Le opere presentate saranno disponibili sia in raffinata cornice che in elegante cartella.
Solo per questa occasione tutte le opere esposte saranno offerte a speciali condizioni di vendita.
Potrete così godere dell'opportunità di scegliere ed acquistare quello che più vi appassiona.
Nello spazio culturale adiacente alla galleria sarà presentata una prestigiosa rassegna del “piccolo formato” a “piccoli prezzi” CHE VUOLE ESSERE UN INVITO AL COLLEZIONISMO.
Vi aspetto per consigliarvi al meglio sui vostri acquisti d’arte.
La mostra/vendita sarà accompagnata da un’originale iniziativa:
UNA LOTTERIA! Troverete in vendita biglietti per tutto il periodo della mostra e l’estrazione di tre premi sarà fatta il giorno6 Aprile 2013.
In palio 3 litografie d’autore complete di cornice.
Il biglietto sarà posto in vendita ad euro 5.00.
VI ATTENDIAMO NUMEROSI
PER QUEST'OCCASIONE IMPERDIBILE!
I pagamenti saranno personalizzati a seconda delle vostre esigenze.
L'invito è rivolto a tutti coloro che amano l'arte, e che desiderano regalarsi un'opera per iniziare o incrementare la propria collezione.  Vi aspetto negli orari canonici e per appuntamento.
Giovanna Laura Adreani

Galleria d'Arte Mentana
P.zza Mentana 2/3 r-50122 (FI) - Tel. 055.211985 - Fax. 055.2697769
galleriamentana@galleriamentana.it
Firenze
Galleria d’arte Mentana Firenze

sabato 23 febbraio 2013

INVITO AL COLLEZIONISMO de giovanni luigi a firenze

http://artedegiovanniluigi.blogspot.it/2013/02/invito-al-collezionismo-de-giovanni.html#.USh-vo5OzF8

Galleria d'Arte Mentana
P.zza Mentana 2/3 r-50122 (FI)


INVITO AL COLLEZIONISMO
“Prestigiosa Mostra Collettiva dedicata alle Arti Visive Contemporanee”
da  Sabato 9 a Giovedì  21 Marzo 2013
ore 18.00


Mauro Cozzi
Giampaolo Talani
Meloniski
Salvatore Magazzini
Bianca Vivarelli
Emilio Facchini
Luigi De Giovanni
Annie Gheri
Partizia Voltolini
Francesca Coli
Clara Polvani
Angelica Borali
Vittorio Tessaro
Ugo Di  Pasquantonio
Rosario Bellante
Franco Lastraioli
Salvatore Fiume

Dal 2014 l'attività della Galleria d’Arte Mentana di Firenze sarà prevalentemente indirizzata alla presentazione di mostre antologiche, personali, collettive di artisti di diverse culture, provenienti da tutto il mondo. 
Per usufruire di maggiore spazio per la nuova attività, si inaugurerà il 9 marzo p.v. una mostra/vendita promozionale relativa a gran parte delle opere in nostro possesso: saranno presenti opere di artisti in promozione ed opere di artisti di chiara fama, pittura, grafica, scultura, ceramica, fotografia ecc.
Le opere presentate saranno disponibili sia in raffinata cornice che in elegante cartella.
Solo per questa occasione tutte le opere esposte saranno offerte a speciali condizioni di vendita.
Potrete così godere dell'opportunità di scegliere ed acquistare quello che più vi appassiona.
Nello spazio culturale adiacente alla galleria sarà presentata una prestigiosa rassegna del “piccolo formato” a “piccoli prezzi” CHE VUOLE ESSERE UN INVITO AL COLLEZIONISMO.
Vi aspetto per consigliarvi al meglio sui vostri acquisti d’arte.
La mostra/vendita sarà accompagnata da un’originale iniziativa:
UNA LOTTERIA! Troverete in vendita biglietti per tutto il periodo della mostra e l’estrazione di tre premi sarà fatta il giorno6 Aprile 2013.
In palio 3 litografie d’autore complete di cornice.
Il biglietto sarà posto in vendita ad euro 5.00.
VI ATTENDIAMO NUMEROSI
PER QUEST'OCCASIONE IMPERDIBILE!
I pagamenti saranno personalizzati a seconda delle vostre esigenze.
L'invito è rivolto a tutti coloro che amano l'arte, e che desiderano regalarsi un'opera per iniziare o incrementare la propria collezione.  Vi aspetto negli orari canonici e per appuntamento.
Giovanna Laura Adreani

Galleria d'Arte Mentana
P.zza Mentana 2/3 r-50122 (FI) - Tel. 055.211985 - Fax. 055.2697769
galleriamentana@galleriamentana.it
Firenze
Galleria d’arte Mentana Firenze

sabato 26 gennaio 2013

CRITICS Biography


Biography

Luigi De Giovanni born on 12 February  1950 in Specchia (Lecce). 

He graduated  to the Institute of Art of Poggiardo in the 1969. 

In the 1974 he  graduated to the Academy of the Fine Arts from Rome. From the 1970 to the 1978 he  follows the Free Course of the Nude. 

From tender age he paints designs and acquerelli followed from the mother. In the 1967 he paints frequently and he does the his before collective show. In the 1973 with the Avanessian teacher he begins the study of the “imprimitura” of the cloths and of the powders. In the 1974 he improve in the technique to oil. In the 1980 experiment the temper to the egg; he realize some operas with an only thread conductor "social climbs." In the 1988 he experiment coed techniques with the custom of materials of discard symbol of "refusal" which: segatura, metallic shavings, shiver of unserviceable rubber, paper and cloths. 

He begins the report with the Gallery "Mentana" from Florence that presents him to the Fair  Arc from Madrid. In the 1990 he starts to realize and to expose operas that have  like conductor thread "the anguish in the actual society"; he starts to use the old jeans like cloths for his operas to social character. From the 1979 he paints Sardinia where he spends long periods. 



CRITICS

The painter’s poetical world is the symbol of a fertile song, but also a stage of happy presences, though human beings are absent. Luigi De Giovanni searches faith, a spiritual meaning. He’s an artist who feels a desire to regard canvases as pages of an endless diary, because nature’s particular and messages have no end. He feels the necessity to bring to ligth all the answers to man’s existential anxietis. In De Giovanni’s compositions the trees are the archetype that transforms itself into poetic imagination, exalted in forms referable to reality, Luigi De Giovanni choose very few themes to communicate his enlightements that reveal their meaning like intimate exclamations. His post – impressionist intimism lives through the necessity to catch on to the absolute and observes the static nature of landscapes, as something definite and everlasting.






















 Paolo Levi 

venerdì 18 gennaio 2013

NEL BORGO ANTICO DI SPECCHIA UN PRESEPE VIVENTE ALL’INSEGNA DELLA FEDE CHE CONCLUDE UN DICEMBRE 2012 RICCO DI EVENTI.


NEL BORGO ANTICO DI SPECCHIA UN PRESEPE VIVENTE ALL’INSEGNA DELLA FEDE CHE CONCLUDE UN DICEMBRE 2012 RICCO DI EVENTI.


Un Presepe all’insegna della generosità e del lavoro di tutti quelli che, con rinunce e sacrifici, hanno contribuito alla sua realizzazione non può che essere apprezzato anche per l’impulso che ha dato al turismo.
In questo periodo di crisi economica far conoscere le bellezze e le positività del territorio è la base per valorizzare le risorse altrimenti date per scontate. In quest’ottica nel mese di dicembre Specchia ha messo in campo varie idee. La prima, in ordine di tempo, è stata organizzata dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Specchia e dal Comitato gestione biblioteca, il 4 e il 5 dicembre, con “Parole e Musica”. L'evento oltre  a far godere i meravigliosi versi di autori classici che si sono cimentati sul tema dell’ulivo, quali: Dante, Orazio, D’Annunzio, Machado, Neruda, Lorca, Turoldo, Pascoli, e con incursioni nella preghiera di Ramsess III al Dio Ra (dal papiro di Harris) e nella Bibbia ha fatto scoprire l’armonia delle musiche rinascimentali e barocche nel concerto “Il pentagramma del frantoio”della liutista Gabriella Perugini. La musicista ha suonato il liuto e la tiorba facendo scoprire le armonie di un tempo passato. Un concerto multisensoriale dedicato all’olio d’oliva che, in un programma che, volendo essere anche di scoperta, ha portato a conoscere il frantoio dei Francescani Neri e l’eccellenza dell’olio, ottenuto biologicamente da Rosanna Merico, rivelatasi anche ottima presentatrice, in un assaggio che ha racchiuso tutti i profumi di un prodotto che non ha pari.
Sempre ai Francescani Neri godibili sono state le mostre dei bambini, delle classi terze della Scuola Primaria, che hanno interpretato il territorio con ingenuità e perizia, e degli interessanti fumetti di un giovane artista locale che illustravano fiabe. In seguito, sempre in quest'antico convento, lo spettacolo di profonda integrazione ha dato voce ai ragazzi che spesso ne sono privati a causa della scarsa sensibilità delle persone.
In clima di austerità di grande significato è stata la mostra di Ada Scupola che è riuscita, con originalità e creatività, a realizzare opere artistiche ottenute grazie ad un sapiente riciclo di vari materiali altrimenti inservibili.
L’atmosfera natalizia mi ha portato a visitare bellissima Chiesa Madre dove la mia attenzione veniva attratta da un cibernetico presepe in cui tutte le strutture e i personaggi legati alla natività erano costruiti con parti di computer. I fili di rame si erano trasformati in originali capelli biondo-rossatro.  Tastiere, monitor, unità di sistema, valvole, mouse, microprocessori erano diventati, magicamente, Sacra Famiglia, animali, Re Magi, pastori, capanna, montagne: tutti i tasti, tutti i fili aggrovigliati nel raccontare la storia del Natale descrivevano, pur nella fede, la vita di oggi e di quell’appennicolo chiamato computer quasi indispensabile nell’attuale società.
Un evento che ha suscitato molto interesse è stato quello della mostra antologica di Luigi De Giovanni, patrocinata dal comune di Specchia, inaugurata, alla presenza del Sindaco Antonio Biasco e dell’Assessore alla Cultura Giampiero Pizza, il giorno 15 dicembre. La mostra organizzata da “Il Raggio Verde S.R.L.”, presentata dal critico Toti Carpentieri è stata allestita magistralmente dall’architetto Stefania Branca nei due piani del castello Risolo. Nella piazza  Del Popolo intanto era stato sistemato un immenso braciere colmo di legna da ardere. Era pronto per la focaredda che veniva, come previsto, accesa il giorno 24 dicembre: quasi a scaldare l’evento della Natività. Fiamme e scintille si levavano al cielo creando atmosfera e attirando molte persone. 
Nell’aria sin, da metà dicembre, si avvertiva il clima Natalizio, soprattutto per il gran lavoro che andavano facendo tutti i volontari dell’Associazione Culturale Sportiva "Eugenia Ravasco". Venivano costruite le scenografie, sistemate adeguatamente le case nel percorso del presepe vivente, la capanna nell’atrio del castello Risolo e la vigna nella piazza del Popolo.
I costumi erano pronti per tempo. Un andirivieni continuo sapeva di gioia, donazione e fede, tutto veniva fatto con molta perizia per realizzare al meglio la V edizione del Presepe vivente di Specchia. Il giorno 25 dicembre, davanti alle porte di Betlemme, le autorità religiose e politiche salutavano i visitatori. C’era un clima d’attesa mentre lo speaker annunciava, più volte, l’imminente arrivo del Legio II Augusta che, finalmente, proveniente da Via Roma, si presentava al pubblico, preceduto dalle matrone, elegantissime con i loro indumenti drappeggiati con fibule scintillanti, seguite dai soldati di cui alcuni trascinavano l’ariete, spaventosa macchina da guerra del tempo, e si apprestavano a rappresentare la potenza di Roma. L’arrivo dei pastori e dei pastorelli silenziosi, che trasportavano i loro fardelli eseguendo le figurazioni già imparate, era ritmato dall’armonia delle zampogne. I figuranti via via prendevano posto nelle scene calandosi nella vita di oltre 2000 anni fa, in questo, accompagnati da un tripudio di fede, curiosità, musiche e colori. L’ingresso alla città della Natività veniva controllato da guardiani inflessibili che regolavano il traffico delle persone che si apprestavano alla visita. Anch'io venivo bloccata. Nell’attesa dell’ingresso ascoltavo i rumori che provenivano dalla città rappresentata, mi sembrava che, nonostante le musiche natalizie che non potevano esserci nei tempi raccontati, ci si apprestasse proprio a Betlemme tanto si erano calati nel clima tutti i figuranti.
Le matrone, i soldati e i comandanti della Legio II Augusta nella loro maestosità, accentuata dai mantelli spesso rossi e dai lucidi elmi, si erano schierati anche intorno ai fuochi dell’accampamento e rilucevano nelle armature a placche, mentre i bimbi, rigorosamente in divisa romana, contribuivano a rendere realistica la scena.
Il censimento veniva fatto con l’uso dei registri, dove i visitatori mettevano il nome e il luogo d’origine; scrivere il mio nome e Cagliari mi aveva fatto sentire nella mia città, che un po’ mi manca. Mentre visitavo la casa dei Conza Limmi intenti nel loro lavoro, mi ricordavo che anch'io avevo una pentola di terracotta ammaccata e anche un'insalatiera, magari li avrei potuti portare da loro per ripararli: avevo perso un’occasione!
Procedendo nella visita si arrivava nella casa di Maria, dove l’evento dell’annunciazione era accentuato dagli abiti dai colori chiari e dall’azzurro dell’inginocchiatoio. C’era una compenetrazione totale dei personaggi nel racconto biblico tanto che le manine giunte delle ragazzine sapevano d’innocenza e accettazione degli avvenimenti.
La formazione dei pastorelli assumeva delle posizioni statiche come se fossero improvvisamente diventati statuine di un presepe. Gli animaletti, tenuti in piccole gabbie di legno grezzo o che seguivano pazientemente diretti al pascolo della devozione, si muovevano dando un senso d’armonia e vitalità. Nella stalla dei bambini tagliavano la biada mentre altri la davano al cavallino sistemato al di là della carrozza. La scena, pur bella nella composizione, mi rattristò. La scena, pur bella nella composizione, mi rattristò, ricordandomi i cavalli della mia famiglia che correvano, ogni qualvolta li chiamassi, nitrendo di gioia: erano compagni dei giochi dei miei fratelli e miei ed erano così pazienti e docili che spesso salivamo in groppa senza sella e loro pareva stessero attenti a non farci cadere. Le operazioni di tessitura attirarono la mia attenzione, giovani donne preparavano le navette, altre tessevano, armeggiando con i licci, gli orditi e le trame, lo sbattere dei pettini dava il ritmo al lavoro. Anche questa scena mi fece ricordare i racconti della mia mamma che, curiosissima, imparò a tessere sin da quando era bambina e non arrivando con i piedi ai pedali veniva aiutata dalla sorella minore che li manovrava al segnale convenuto.
La lavandaia, dalle mani arrossate, attendeva l’effetto della lisciva e contemporaneamente lavava con attenzione altri panni, mentre la stiratrice, col ferro pieno di brace, stirava i merletti realizzati dalle ricamatrici con molta cura e competenza. La scena era caratterizzata dalla biancheria stesa con attenzione, quasi delle quinte per rendere più suggestiva e veristica la scenografia. Questi lavori mi riportarono ai racconti della mia bisnonna Rosa che, avanti con gli anni, intratteneva i pronipoti raccontando la vita e le tradizioni del passato, dove molto importante era la lisciva che oltre a sbiancare la biancheria le conferiva un profumo buonissimo, spesso accentuato dall’uso della lavanda e delle rose. 
Gli scribi impegnati nella scrittura avevano preso posto nei tavoli ricoperti da tovaglie bianche. Apparivano concentrati nel loro lavoro sulle pergamene e i costumi che indossavano li rendevano maestosi, anche se il loro antico potere era dato solo dal saper scrivere.
Il gregge nel recinto appariva placido. A questo punto la musica delle zampogne faceva presagire l’arrivo del pastore richiamato da timidi belati. Subito dopo ci si ritrovava in una casa, dove si facevano la cardatura e la filatura della lana che, lavata e pettinata, veniva filata e trasformata in gomitoli pronti per la lavorazione. Questa scena mi fece ricordare la mia prozia Totonia, donna dolcissima e amatissima che, non essendosi sposata, ci faceva da bambinaia. Filava tantissima lana, lavata nelle chiare acque dei limpidi ruscelli di Seulo, e preparava calze per tutti i nipoti. Noi eravamo bravissimi a scompigliarle il fuso e ad aggrovigliarle la lana dei gomitoli, ma lei trovava sempre una soluzione. Una volta, noi bambini, togliemmo la pallina in fondo al fuso e la nascondemmo, lei non riuscendo a stare con le mani in mano prese una patata e la usò per fermare la lana pettinata.
La cera, che per secoli aveva illuminato le notti dei nostri antenati, veniva lavorata artigianalmente da un giovane allevatore d’api che, con grande competenza e cortesia, ne spiegava le fasi e le funzioni, incalzato dalle domande del pubblico, parlavano, con amore, dell’allevamento delle api.
“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” recitava il cartello davanti alla casa di Elisabetta. Si era giunti alla scena trascendentale della Visitazione di Maria a Elisabetta, dove i toni chiari prendevano sfumature dell’azzurro delle vesti, vi si avvertiva la gioia di due madri consce d’interpretare il grande evento spirituale della nascita di Gesù.
Nello studio successivo si trovavano gli artisti che con le loro opere raccontavano della fede non limitandosi solo ai fatti che si andava rappresentando.
Il fabbro dava forma ai manufatti battendo ritmicamente con il martello sull’incudine e, quasi a voler esaltare l’Evento biblico, faceva salire in cielo scintille: quasi stelle che volevano illuminare la strada della fede.
Il riparatore di botti, con un colpo al cerchio e una alla botte, sistemava gli anelli metallici. Il calzolaio, intento alle riparazioni delle scarpe, armeggiava con lesine, trincetti, raspe e colle, disposti in bella vista, aveva messo una fila di tacchi, (non so se nel tempo raccontato esistessero o meno).
Non mancava nel percorso il falegname che onorava il mestiere di Giuseppe.
I pastorelli avevano ripreso la strada, si esibivano facendo le statuine, attirando l’interesse dei visitatori del presepe. Ecco un altro recinto di pecorelle, intente a mangiare la paglia, che attirava l’attenzione dei bambini poco avvezzi ai greggi. Un’aria allegra si avvertiva nella locanda da cui usciva un inebriante profumo di vino che veniva bevuto accompagnato da pane e pomodoro condito con un gradevole olio locale. Più in là alcune signore preparavano formaggio e ricotta mentre altre erano impegnate con le sagne torte, le orecchiette e i minchiareddi. La lavorazione della cartapesta, dei muri a secco e l’arte povera incuriosiva molte persone che si soffermavano e facevano domande.
La scena del matrimonio dava l’idea di luce, era una bella rappresentazione di una situazione d’amore, fiducia e fede. Tutto sapeva di sontuoso, solenne e la posizione dei protagonisti rispecchiava la ritualità dell’avvenimento.
I mercanti di frutta invitavano a gran voce l’acquisto dei loro prodotti, che pareva fossero graditi agli acquirenti che non si astenevano dal comprare. I piccoli fuochi ardevano nella piazza, le pentole che pendevano dai trespoli servivano a esaltare la scena, attorno vi erano delle persone indaffarate, alcune erano sedute sulle balle di paglia pronta per sfamare gli animali domestici. Tutto questo dava una sensazione di accogliente e familiare.
Nella sinagoga, scaldata da un grande fuoco che ardeva in un braciere, i sacerdoti pregavano e leggevano con solennità i libri sacri. Il candelabro a sette braccia illuminava il tempio e raccontava il suo significato di perfezione; la stella di Davide, disegnata su un telo, non ricordava solo il simbolo di re Salomone ma anche i significati terribili della barbarie umana.
Le caldarroste mandavano gli invitanti profumi e mi ricordavano l’infanzia, quando, dopo cena, a casa dei miei genitori, si cucinavano, con la padella con i buchi, mentre ci venivano raccontate le storie prima di mandarci a letto.
Il mercato brulicava di persone incuriosite e lo stagnino, circondato dai contenitori, riparava e stagnava tegami e recipienti vari. Anche questo mi riportò alle case dei miei nonni dove nelle cucine, vicino al forno e ai fornelli, luccicavano pentole e oggetti vari in rame che venivano puliti con cura e tramandati.  Il corredo in rame, materiale oggi caduto in disuso, non mancava nell’elenco delle stoviglie di tutte le spose, non molto tempo fa. Il vino cotto con scorza di arancia diffondeva, in tutto il circondario, il suo profumo, esaltato questo dagli ingredienti delle cartellate che erano così invitanti che i turisti non riuscivano ad astenersi dalla consumazione. I cestai, le ricamatrici e i panari, antichi mestieri di primaria importanza nelle società contadine, costringevano a soste prolungate e a domande per capire i procedimenti di lavorazione. Le pittule, frittura natalizia preparata con cura dalle massaie, erano un’attrazione che non si poteva ignorare e la fila per acquistarle dimostrava come queste fossero gustose e invoglianti. Si arrivava poi alla cantina dove, grazie anche alle pittule, si beveva con gusto del buon vino. Adiacente alla piazza del Popolo bellissima ed efficace appariva l’installazione della vigna. Le antiche viti, dai tralci spogli, affioravano dalla terra e s’innalzavano raccontando le gioie che offrivano i loro frutti e la spiritualità che legava il vino alla ritualità della fede cristiana. Le musiche dei bagordi che avvenivano nella fastosa casa di Erode si udivano da lontano e le danze che vi si facevano raccontavano di materialismo pagano che non vedeva il segno di spiritualità che si andava compiendo. Nell’aia una carrozza e un cavallino ricordavano la trebbiatura. Il vento veniva in aiuto facendo volar via la pula e la paglia: un aiuto naturale per meglio rappresentare la scena. A me sovvennero le aie del mio paese, dove la trebbiatura veniva fatta dai gioghi di buoi, e la grande festa che si faceva con arrosti, dolci e buon vino che predisponeva alle danze propiziatorie il raccolto. Inoltrandosi oltre il portone del castello Risolo si arrivava al suo atrio, dove era predisposta la stalla della natività. Un bellissimo bimbo, chiamato inconsapevolmente a fare la rappresentazione di Gesù, sorrideva beato con i visitatori e i genitori e concludeva il percorso di fede. La penombra dell’esterno faceva apparire la stalla luminosissima, questa sensazione era accentuata da drappi chiari che pendevano dal soffitto. Un somarello che ogni tanto faceva udire il suo verso ricordava la tradizione Francescana che aveva inserito il bue e l’asinello nel presepe, anche se non citati nei vangeli. Il Papa nel suo ultimo libro lo dice chiaramente, ricordando però che chi è abituato può continuare a metterli perché rispecchiano una tradizione di fede. All’uscita dal percorso del presepe moltissime persone non perdevano l’occasione di visitare la mostra antologica di Luigi De Giovanni allestita nei due piani del castello. Andando via si arrivava nuovamente nella piazza del Popolo, dove uno stand allestito dalla Pro Loco, dispensava gustosissime pittule. Il braciere, colmo di tronchi e fascine, mandava scintille al cielo donando una visione veramente bella.
L’ultima scena è stata rappresentata il giorno 6 gennaio 2013.  Era iniziata con la benedizione di tutti i figuranti e poi con la processione e si era conclusa con il discorso delle autorità e i ringraziamenti. L’Epifania portava i Re Magi alla santa stalla e culminava con il bacio al Bambinello portato con amorosa fede da Don Antonio.
Un ringraziamento, per l’impegno profuso, meritano gli organizzatori: l’Amministrazione Comunale di Specchia, la Parrocchia Presentazione Della Vergine Maria di Specchia e i volontari dell’Associazione Culturale Sportiva "Eugenia Ravasco" nonché tutti coloro che, a vario titolo, hanno collaborato per la meravigliosa riuscita della quinta edizione del Presepe Vivente del Borgo Antico di Specchia.
Specchia gennaio 2013                                            Federica Murgia